Caso MIS. Tribunale di Albano 2015
Accaduto presso: Presidio Ospedaliero San Giuseppe di Marino- ASL ROMA H.
Il caso riguarda il parto della sig.ra C. che alla 40^ settimana e 5 gg di gestazione, a causa dell'insorgenza di sintomatologia caratterizzata da contrazioni uterine e perdite ematiche, si recava presso il P.S. dell'Ospedale di Marino.
All'ingresso in P.S. i sanitari procedevano al ricovero, con diagnosi di gravidanza a termine e la trasferivano presso il reparto di ginecologia e ostetricia del medesimo nosocomio.
In seguito alla rottura delle membrane, veniva avviato monitoraggio mediante CTG, che evidenziava sofferenza fetale. La paziente veniva, dunque, condotta in sala parto e si procedeva a parto spontaneo.
Dava, così, alla luce un feto vivo in condizione di grave asfissia, per cui i sanitari procedevano a trasferirlo presso il reparto di terapia intensiva neonatale dell'Ospedale S. Giovanni Addolorata ove, nonostante le cure, decedeva per "asfissia perinatale, grave-encefalopatia ipossico-ischemica".
Grave l'imperizia e negligenza dei sanitari che non ebbero a riconoscere la grave sofferenza fetale dovuta all'ipossia del feto. Ove fosse stato seguito correttamente il monitoraggio CTG, come previsto dalle principali linee guida, sarebbe stato, infatti, possibile evidenziare un crescente peggioramento delle condizioni fetali. I sanitari invece, sottovalutando la gravità della problematica, non eseguivano intervento tempestivo ed adeguato che avrebbe evitato l'asfissia neonatale del piccolo.
Emersa la responsabilità della struttura nell'evento occorso, il Tribunale di Velletri ha condannato la ASL ROMA H al pagamento in favore dei genitori del piccolo M.L. della somma di 500.000,00€ oltre interessi, spese di lite, spese documentate, rimborso forfettario, oneri fiscali e contributivi e spese CTU.
CASO CO. - KO. – Tribunale di l’Aquila 2015.
Evento occorso presso la ASL 1 A.-S.-L. nel 2011.
Trattasi di una paziente, all’epoca dei fatti, di anni 26, che portava avanti una gravidanza regolare, sottoponendosi a i comuni esami ematochimici, alle visite specialistiche periodiche ed alle ecografie di controllo.
La sig.ra Ko. giunta presso la struttura, in travaglio, veniva visitata dal medico di guardia che rilevava il collo uterino leggermente raccorciato. Si assisteva ad una lenta evoluzione della fase latente del travaglio di parto.
Eseguiti i tracciati, i sanitari non eseguivano una corretta valutazione delle alterazioni presenti negli stessi, classificabili come non rassicuranti. In presenza di una attività contrattile irregolare, della mancata progressione della PP e della dilatazione della cervice, ove i sanitari avessero interpretato correttamente tali tracciati CTG, infatti, avrebbero dovuto allertare il servizio di anestesia in considerazione della possibilità di dover procedere ad un taglio cesareo urgente. Un attenta valutazione ed un opportuno monitoraggio avrebbero, dunque, consentito di evidenziare la variazione in senso peggiorativo delle condizioni fetali.
Solo dopo ben 27 minuti dalla comparsa delle decelerazioni ingravescenti perveniva al servizio di anestesia e rianimazione la richiesta di disponibilità della sala operatoria per intervento urgente di taglio cesareo per iniziale sofferenza fetale. Il taglio cesareo veniva eseguito dopo ben 45’ dalla decelerazione.
Avveniva la nascita della piccola R. con Apgar 1- 3- 4- 7 al 1’, 5’, 10’ e 20’, dimessa con diagnosi di “asfissia perinatale, encefalopatia ipossico-ischemica. Convulsioni neonatali” e con esito finale di “tetraparesi spastico-distonica”.
Con la loro condotta imperita e negligente i sanitari non riconoscevano tempestivamente l’acuta sofferenza fetale non eseguivano un tempestivo TC che avrebbe evitato l’asfissia della piccola R.
A seguito di tale evento in via stragiudiziale la ASL 1 A.-S.-L. offriva una somma a titolo di risarcimento del danno. Il caso si è chiuso con un accordo transattivo, per l’importo complessivo di 800.000,00€.
CASO AL.– Tribunale di Bergamo 2015
Evento occorso presso la A. O. B. S.nel 2013.
Trattasi di shock emorragico materno e morte perinatale in una paziente, che a termine di una regolare gravidanza, veniva ricoverata con diagnosi di travaglio di parto, con contrazioni forti protrattesi per circa 12 ore. Nonostante ciò i sanitari somministravano ossitocina. La situazione si aggravava tanto che in brevissimo tempo la paziente veniva trasportata in sala operatoria per cesareo in emergenza per rottura di utero. Il piccolo alla nascita si presentava privo di segni vitali.
Gravissima la condotta dei sanitari che avrebbero dovuto provvedere ad urgente estrazione cesarea per la presenza di chiari segni clinici di mancata progressione della parte presentata, in presenza di più che valide contrazioni uterine spontanee e di ancor più valide contrazioni uterine improvvisamente potenziate dall’infusione ossitocica.
Con la loro condotta imperita e negligente i sanitari determinavano la rottura dell’utero oltre la morte endouterina del feto.
I CC.TT.UU. nominati dal tribunale di Bergamo individuavano la responsabilità dei sanitari nell’evento occorso, checon la loro condotta professionalmente imprudente ed imperitanon assistevano correttamente al parto la sig.ra A.. Per la perdita del viscere uterino in seguito al taglio cesareo demolitore, tenuto conto che la paziente aveva, all’epoca dei fatti, 37 anni ed altri due figli, i CC.TT.UU. individuavano un danno biologico del 15%, precisando che la morte endouterina del feto, poteva solo “eventualmente” contribuire ad innalzare l’entità del danno. Non provvedevano però a fornire ulteriori precisazioni.
A seguito di tale evento in via stragiudiziale la A. O. B. S. offriva una somma a titolo di risarcimento del danno. Il caso si è chiuso, in considerazione di quanto in appresso rilevato, con un accordo transattivo, per l’importo complessivo di 200.000,00€
CASO Sc.– Tribunale di M. 2015
La sig.ra S., all’epoca dei fatti di anni 39, alla seconda gravidanza, a termine (39° settimana) dava alla luce a seguito di taglio cesareo per presentazione podalica, il piccolo F.. Successivamente alla nascita la mamma ed il piccolo venivano regolarmente dimessi.
Dopo appena due mesi il piccolo F. veniva portato al pronto soccorso per pallore ed evidente difficoltà respiratoria.
Il giorno successivo al ricovero purtroppo decedeva per arresto cardiaco, con scompenso cardiocircolatorio in anemia gravissima.
Tanto il medico, quanto i sanitari della struttura, con la loro condotta imperita edimprudente non consentivano al piccolo F. di beneficiare di una terapia che avrebbe potuto evitare lo scompenso cardiocircolatorio irreversibile. La riduzione dell’emoglobina avvenne in maniera graduale e lenta, per cui monitorando i parametri emocromocitometrici avrebbero potuto identificare prima il trend peggiorativo, intervenendo in modo adeguato.
I sig. S. – D.G., decidevano di agire contro il Dr. C. e gli Is.cl. di per.. Il ricorso ex art. 696 bis c.p.c. si concludeva con una relazione redatta dal consulente tecnico d’ufficio nominato dal Giudice che individuava una responsabilità dei sanitari, solo parziale, nella causazione di quanto occorso al piccolo F. Infatti, il CTU rilevava l’impossibilità di affermare o escludere con ragionevole grado di probabilità che il decesso fosse in nesso di concausalità con profili di malpractice medica.
In via transattiva, in considerazione di quanto individuato dal CTU,ovvero che la morte del piccolo poteva essere attribuita solo per il 50% a responsabilità dei resistenti, la struttura ed il medicooffrivano una somma a titolo di risarcimento del danno. Il caso si è chiuso con un accordo stragiudiziale, per l’importo complessivo di 190.000,00€
Caso CIO. Tribunale di Roma 2014
Evento occorso presso la ASL R. B
Nel caso di specie le alterazioni del battito cardiaco fetale e l'arresto della progressione della parte presentata avrebbero dovuto indurre i sanitari ad effettuare un taglio cesareo d'urgenza così da prevenire un danno cerebrale ipossi-ischemico che poi si è realmente verificato con conseguenze devastanti.
La mancata diagnosi tempestiva di sofferenza fetale ha precluso l'esecuzione di una estrazione del feto mediante taglio cesareo d'urgenza. Non fu fatta diagnosi esatta e completa in quanto non si sono presi in considerazione le anomalie dei tracciati e non si è proceduto ad una valutazione complessiva del decorso del parto alla luce, anche, del prolungarsi del travaglio.
Il trattamento terapeutico che ha seguito le complicazioni insorte non era corretto, non avendo proceduto ad estrarre rapidamente il feto, con tutte le complicazioni in diagnosi a carico del neonato.
Individuata in sede di CTU ex 696 bis c.p.c. la responsabilità civile dei sanitari dell'O. P. C., in relazione a quanto occorso al piccolo D. G. S. ed alla perdita della totalità delle autonomie funzionali, depositata la relazione, considerata la mancata collaborazione della struttura ospedaliera, si procedeva alla notifica dell'atto di citazione. La Compagnia Assicuratrice dell'ASL. R. B, A.T.C.M., in conseguenza di tanto, offriva una congrua somma quale risarcimento del danno subito dai genitori in proprio e quali esercenti la potestà sul piccolo D.G.S..
Per questo caso di malasanita', l'accordo transattivo ha previsto la corresponsione della somma complessiva di 1.176.880,00€
Caso IO. Tribunale di Torino 2014
La vicenda occorsa riguarda un caso di errore medico, determinato dalla grave imperizia e negligenza dei sanitari che seguivano la gravidanza ed il parto della Sig. ra S.V. nell'anno 2012.
Alla 41^ settimana e 3 giorni i sanitari procedevano d'urgenza a parto con taglio cesareo per bradicardia fetale e liquido amniotico tinto da meconio. In particolare i sanitari della'ASL TO 5, non procedevano alal dovuta valutazione delle alterazioni del tracciato CTG, che si presentava non rassicurante, provocando la sofferenza fetale che colpiva il minore e conseguentemente la grave asfissia, le crisi covulsive e la tetraparesi ipotonica.
Attivato il ricorso ai sensi dell'art. 696 bis c.p.c, la vicenda si è conclusa mediante accordo con la ASL, e conseguente pagamento della somma complessiva di euro 1.226.880,00.

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Caso SG. Tribunale di Ivrea 2014.
Evento occorso presso la ASL TO 4 nel 2010.
I sanitari della struttura, facente parte dell'ASL TO 4, assistevano la Sig. ra S. nel corso della gravidanza e del parto, causando al piccolo S. gravi lesioni cerebrali. In particolare la sofferenza perinatale del piccolo S. causava allo stesso gravi lesioni cerebrali, ascrivibili a negligenza, imprudenza ed imperizia dei sanitari. Il bimbo presentava una grave patologia neuromotoria precoce, associata a microcefalia ed esiti di sofferenza cerebrale.
A seguito di tale evento in via stragiudiziale la ASL TO 4 offriva ai ricorrenti una somma a titolo di risarcimento del danno.
Il caso si è chiuso con un accordo transattivo, in via stragiudiziale, per la somma complessiva di euro 1.163.440.
Caso He. Tribunale di Santa Maria Capua Vetere 2013.
Evento verificatosi presso la ASL CE 2.
Il caso in oggetto riguarda quanto occorso nel 2005 in occasione del parto della Sig. ra A.H.B..
Presso il P.O.F.P., parte della ASL CE, i sanitari non eseguivano alcuna ecografia ostetrica, al fine della valutazione della biometria fetale, omettevano la diagnosi di macrosomia fetale, che avrebbe orientato gli stessi verso il parto cesareo, più indicato nel caso in oggetto. L'espletamento del cesareo avrebbe permesso di scongiurare la distocia della spalla del feto iperevoluto.
Da tale condotta discendeva il decesso del piccolo per asfissia intrapartum, durante la fase espulsiva.
Proceduto a ricorso ex 696 bis c.p.c., le parti hanno raggiunto un accordo transattivo per la somma di euro 350.000,00 circa.
Caso Bala. Tribunale di Foggia (2013)
Lesione del plesso brachiale di un bambino durante il parto.
Il medico o l'ostetrica fa nascere per le vie naturali un bimbo di 4,5 kg
nonostante fosse indicato e deciso di eseguire il parto cesareo.
Nel venire alla luce non sono state poste in essere le opportune
manovre atte ad eseguire un parto naturale di tali difficoltà.
Il risultato è stato la lesione dei nervi e conseguentemente
la perdita del braccio per il piccolo.
Il caso si è chiuso con un risarcimento di 300.000€